Le telecamere di Biorepack hanno intervistato gestori di impianti da Nord a Sud, con l’obiettivo di dar voce a chi quotidianamente riceve la raccolta differenziata dei rifiuti organici e deve trasformarla in compost. «Nonostante l’Italia sia da anni il top player indiscusso nel settore delle bioplastiche (da solo il nostro Paese rappresenta un terzo dell’intero comparto Ue), c’è ancora troppa disinformazione e impreparazione sul perché è importante effettuare una corretta raccolta differenziata dei rifiuti organici e perché insieme a loro vanno conferiti anche gli imballaggi in bioplastica compostabile, come sacchetti, stoviglie e cialde per le bevande certificate EN13432. E questa scarsa informazione alimenta pericolose fake news – spiega Marco Versari, presidente di Biorepack –. Con questo ciclo di videointerviste abbiamo voluto far parlare direttamente i gestori degli impianti. Sono loro, infatti, che si occupano del fine vita della FORSU (Frazione Organica Rifiuti Solidi Urbani) e delle bioplastiche, e sono quindi i testimoni ideali per far luce sui vari nodi del processo di compostaggio».
I cinque impianti visitati da Biorepack sono responsabili, tutti insieme, della gestione di oltre 800mila tonnellate di frazione organica ogni anno. Significativo che le loro analisi coincidano sui diversi punti trattati nelle interviste. Tutti i gestori evidenziano i problemi causati al loro lavoro dalle frazioni estranee. «I materiali non compostabili raggiungono percentuali tra l’8 e il 12% dei rifiuti organici conferiti – rivela ad esempio Flaviano Fracaro, responsabile Filiera FORSU di Iren Ambiente –. La maggior parte è costituita da plastiche tradizionali, nonostante la normativa che le vieti abbia ormai più di 10 anni. Ma anche da vetro e metalli».
Mentre le plastiche sono tra i maggiori ostacoli per ottenere compost di qualità, le bioplastiche sono al contrario un ottimo alleato: «Per le loro caratteristiche, le bioplastiche compostabili si adattano perfettamente al nostro sistema produttivo e vengono trasformate in compost al pari della FORSU» – spiega Alberto Torelli, amministratore delegato di ACIAM, che gestisce l’impianto di compostaggio più grande dell’Abruzzo. «Si comportano come altri materiali di origine vegetale – conferma Mario Mongelli, direttore tecnico di Progeva –. Le bioplastiche flessibili, come i sacchetti compostabili, sono equiparabili a una mela o a una buccia di arancia, per quanto riguarda i tempi di degradazione. Gli imballaggi rigidi, che comunque rappresentano più o meno l’1% della FORSU trattata, sono paragonabili a un pezzo di legno. Se alla fine di un primo processo di compostaggio non dovessero essere ancora del tutto degradate, si separano alla fine del ciclo per essere reimmesse in testa».
Per approfondire e vedere tutti i video https://biorepack.org/comunicazione/news/la-parola-agli-impianti-di-compostaggio.kl