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Rifiuti urbani: pubblicata l’edizione 2024 del Green Book

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La Fondazione Utilitatis ha recentemente diffuso l’undicesima edizione del Green Book, riportante i dati più aggiornati riguardo al panorama italiano dei rifiuti urbani, grazie alla collaborazione di enti del calibro di ISPRA, ENEA, il Centro di Coordinamento RAEE e l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali.

La fotografia del mondo dei rifiuti urbani nel nostro Paese

Il documento disegna in modo dettagliato il comparto di riferimento analizzandone svariati aspetti: dal contesto normativo agli aspetti di governance locale e gestionali, dai risultati conseguiti dagli operatori sotto il profilo economico alla spesa sostenuta dalle utenze finali destinatarie del servizio. L’edizione di quest’anno è arricchita da un approfondimento sulle materie prime critiche, di fondamentale importanza per l’industria europea e la transizione ecologica.

Alcune curiosità del Green Book

Rispetto al 2021, nel 2022 la produzione di rifiuti urbani è diminuita dell’1,8%, mentre la raccolta differenziata dei rifiuti è cresciuta dell’1,2%. Nonostante quest’ultima sia in crescita e abbia raggiunto quota 65%, l’effettivo riciclo dei materiali raccolti si attesta al 49%, in leggero ritardo rispetto agli obiettivi posti dall’UE (50% entro il 2020). Permane, quindi, un’ampia forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e i tassi di effettivo riciclo, a riprova del fatto che la raccolta differenziata deve garantire qualità ed essere accompagnata dalla disponibilità di un adeguato sistema impiantistico di gestione dei rifiuti.

Sul trattamento del rifiuto indifferenziato, metà circa viene destinato agli impianti di termovalorizzazione e metà agli impianti di smaltimento come le discariche. In Europa, chi ha conferito di meno in discarica registra anche i maggiori valori percentuali di gestione dell’indifferenziato tramite la termovalorizzazione. In Italia, ad oggi, si registrano importanti gap impiantistici tra Nord, Centro e Sud per il suo trattamento, con conseguenti ripercussioni sui costi sostenuti dai cittadini: quelli residenti al Sud, dove si riscontra una penuria di impianti, pagano anche la Tari più alta (378 euro), mentre i residenti al Nord ne pagano soltanto 284.

Il fatturato del settore ha raggiunto circa 13 miliardi di euro, equivalente allo 0,7% circa del PIL nazionale, impiegando più di 86 mila addetti diretti. Le imprese che gestiscono gli impianti sono quelle che raggiungono le migliori performance economiche, mentre le aziende con fatturato più alto (superiore ai 100 milioni di euro) ottengono le performance economico-finanziarie migliori.

Si riscontrano ancora alcune criticità irrisolte che complicano i processi del comparto, come ad esempio, soprattutto nelle aree centro-meridionali, il rinnovo degli enti gestori che, spesso, ricorre annualmente oppure il gran numero di bandi (2.458) per la gestione dei rifiuti di un singolo Comune.

Infine, sul fronte del riciclo dei RAEE, settore strategico per il futuro, l’Italia, con i suoi 6 kg raccolti pro-capite, è a metà strada dall’obiettivo europeo (12 kg/abitante) e le performance di raccolta impediscono di incidere sull’economicità del recupero di materie prime critiche. Tutti gli apparecchi elettrici ed elettronici di cui disponiamo, comprese le 400.000 tonnellate di rifiuti che si creeranno entro il 2035 dal decommissioning del fotovoltaico, rappresentano una vera e propria miniera urbana, da cui sarebbe saggio essere pronti e in grado di attingervi, per ridimensionare il problema dell’approvvigionamento delle materie prime critiche in futuro.  

Fonte: https://www.utilitatis.org/my-product/green-book-2024/